Gerardo Cibelli (Salerno, 1972). Artista, vive e lavora a Napoli.
Dal 1984, anno del suo primo lavoro su tela, ha sempre ricercato un utilizzo originale di mezzi tecnici diversi quali il disegno, l’incisione, la pittura a olio, cercando di arricchire, con elementi eterogenei alla prassi pittorica, le possibilità proprie ad ogni segmento creativo, con l’intento di ricavare modi d’espressioni inconsueti e spiazzanti. Nel 1988 si avvicina al teatro contemporaneo. Con le performance “Il Sogno dell’Uovo” e “Mystery”, si cimenta nel teatro come autore e attore. Nel 1993 l’incontro con l’artista e ceramista Ugo Marano segna il suo ingresso nel mondo della ceramica. Alla fine degli anni ‘90 tiene due corsi estivi di ceramica e pittura per bambini. Esperienza ricca di stimoli che lo porterà al collage, a “dipingere con cartoncini e carta colorata”, all’uso di fogli già dipinti dai bambini, in un raccordo di linee e forme “ready-made”. L’amore per la tecnica e i mestieri artigianali si concretizza agli inizi del 2000 in un laboratorio di falegnameria attrezzato per la realizzazione di telai, tele e cornici: l’opera diventa anche il suo “supporto”. Nell’estate del 2005 è presente nella galleria Artsplace di Amsterdam con il lavoro “Masks”, opere degli anni ‘90 ma presentate in video 3D con il software “dark basic”. Dal 2007 al 2014, dopo un anno trascorso a Montreal (Canada) si trasferisce a Londra. Dal 2015 al 2017 i suoi lavori consistono nell’uso e il riuso di tutto quel materiale (legno, terracotta, cartone) che lo ha sempre accompagnato, per creare installazioni site-specific versatili e modulabili.
Dal Novembre 2017 la sua ricerca artistica si colloca in quella che viene chiamata Post Internet Art, utilizzando i social media come Instagram, Facebook come dei laboratori dove vengono analizzati temi sociali, economici e politici da un nuovo punto di vista ‘est-etico’. In particolare, dal 7 Novembre 2017 al 31 Maggio 2018, i 59 post sul profilo instagram@gerardo_cibelli s’interrogano su arte, filosofia, religione e tecnologia, facendo dialogare le immagini con i titoli e gli hashtag usati come dispositivi di pensiero, come una miniera di conoscenza 2.0.